Dicembre 2010: Resoconto del viaggio di ottobre.

RESOCONTO DEL VIAGGIO A MUYEYE (ottobre 2010)

Le due settimane passate a Muyeye sono state decisamente intense e, azzardo, produttive.
Prima di partire ho cercato contatti con associazioni di volontariato che operano nella stessa nostra zona. Beh, sapeste quanta bella gente c’è in giro. Un contatto ha tirato l’altro e, di appuntamento in appuntamento, mi sono ritrovato ad avere pochissimo tempo per stare con i bambini. Peccato, io mi ci diverto con i bambini. Del resto non ero andato per giocare e, comunque, Lucy approverebbe. Tento un riassunto.

Prima, però, un doveroso bilancio a quasi un anno dalla nascita del progetto: L’obbiettivo, veramente modesto, era di trovare sponsor per i bambini dell’orfanotrofio Lea Mwana del villaggio di Muyeye. La (mia) speranza era di riuscire a sistemarne 4 o 5.  La (mia) sorpresa è che siamo andati ben oltre: 23!!!

Questo grazie a denaro messo a disposizione da famiglie che hanno voluto “adottare” un bambino e a denaro raccolto dalla onlus UN MONDO PER ALESSIA che si è fatta anche carico della gestione degli aspetti amministrativi.

Non era certo necessario ma, al momento di partire, Christopher, il direttore dell’orfanotrofio, ha voluto esternare la sua gratitudine e, non avendo altro modo per raggiungerci tutti, lo ha fatto indirizzandoci una lettera di apprezzamento. Eccola:

Un successo, sicuramente modesto, ma di sicuro stimolo ad andare avanti. Dove? Il nuovo obbiettivo è lì, pronto: dotare l’orfanotrofio di una struttura adeguata e aumentarne la capacità a 60/70 bambini. Come?

Pensiamoci e discutiamone; intanto, con questo in mente, mi sono mosso così:

ì)    LA PAGLIA
Inizio con la (unica) nota negativa: l’utilizzo della paglia per costruire il nuovo orfanotrofio.
Ero e resto convinto della bontà dell’idea ma mi sono dovuto ricredere sulla sua fattibilità, dato il contesto. Una persona, una italiana, che vive in loco e con la quale collaboravamo, ha tentato la costruzione di una prima stanza pilota, ne è risultato un fallimento: mal fatta la costruzione, eccessivi i costi. Le belle idee non bastano, bisogna essere capaci di realizzarle ed esssere in grado di controllarne la realizzazione. Malvolentieri se ne è preso atto e, d’accordo con il direttore dell’orfanotrofio si è cercata una alternativa. La si è trovata, come racconterò più avanti.

Nessun dramma: ci si prova e se va male lo si accetta, ci si ferma a ragionare e si va avanti cercando una alternativa. Purtroppo non è andata così: la persona di cui ho detto non ha accettato questa conclusione ed ha reagito con comportamenti decisamente scorretti, continuando a pensare in termini di “il mio progetto”, “la mia professionalità”, e via di seguito.
Non voglio tediarvi ma è giusto sappiate che è finita in litigio, sia con me che con il direttore dell’orfanotrofio.
Fine delle negatività

ìì)    LE SPESE DIVERTENTI
Un po’ di persone mi avevano affidato del denaro, pregandomi di impiegarlo per cose non utili ma divertenti. Bella pensata! Obbedendo dunque al mandato si sono organizzate due giornate al mare con hamburger e patatine e qualche giro di gelato. Belle e divertenti entrambe le giornate, per cui: missione compiuta.  E che successo!

ììì)    LE SPESE UTILI
La onlus che supporta il progetto Lucy Smile (Un Mondo per Alessia) ha raccolto denaro extra che si è pensato di utilizzare per acquistare le cose di cui c’era più immediato bisogno. Con l’aiuto di Agnes (colei che gestisce, quasi da mamma, tutto ciò che avviene all’interno dell’orfanotrofio) i 1158 euro disponibili sono diventati:

  •    Una macchina da cucire (così risparmia – i bambini sono 35!! – visto che sa cucire).
  •    35 paia di scarpe per la scuola (marca BATA, con una suola alta due dita. C’entrano poco con il clima locale ma, dice e spera la pratica Agnes, di più sicura durata)
  •    35 uniformi scolastiche

  •    35 zainetti

  •    zanzariere per i 9 letti a castello (i bambini sono sempre 35!!)

  •    2 pentoloni (finalmente ne avranno di decenti……da mettere sui carboni)

ìv)    LA BANCA
Ahimè tutto il mondo è paese quando si tratta di banche: sui bonifici fatti per la sponsorizzazione dei bambini hanno giocato con il cambio fino a fregarci, meglio: a fregare ai bambini, più di 500 euro. Una visita al direttore della banca si imponeva. Come in Italia: rompere le scatole e minacciare di chiudere il conto funziona. Bene, tecnicaglie a parte, d’ora in poi niente più sarà perduto causa cambio.

v)    SULLA SALUTE: DAL DENTISTA………
Uno dei contatti avuti prima di partire riguardava una dentista,
amica di vecchia data, che da anni opera in Kenya come volontaria.
Purtroppo, non nella zona che ci interessa. Che bella, comunque, l’idea: valeva la pena ragionarci su.
Due i problemi:
•   i dentisti,
•   uno studio adeguatamente attrezzato.

Un dentista disposto a passare le sue ferie a Muyeye l’ho  quasi subito, uno studio…..pure. Chiaramente si tratta di uno studio dismesso da un dentista italiano. Il problema è che lo studio va spedito, va montato, ovviamente in un locale attrezzato, va manutenzione. Soprattutto: va sfruttato al meglio. Affrontare tanti costi per farlo lavorare poco non ha senso. E allora? Allora si prova a cercare uno studio già funzionante in loco con l’idea di affittarlo quando serve. Ammesso che sia possibile.
Beh, è andata meglio: grazie ad uno di quei contatti di cui dicevo sono arrivato allo studio dentistico di Ajuck. Questi è un orfano a suo tempo aiutato (proprio come i nostri bimbi) da un dentista italiano che lo ha fatto studiare e che gli ha spedito il proprio studio. Ricordate l’idea dell’aiutato oggi che, si spera, aiuterà a sua volta domani? Eccoti Ajuck che la incarna perfettamente: quando necessario metterà, gratuitamente, a disposizione dei nostri dentisti volontari tutta l’attrezzatura di cui dispone.
CORALLARIO: tutti abbiamo un dentista, che ciascuno, se vuole, contatti il suo per metterlo al
corrente di cosa abbiamo in mente. Chiaro che servirà materiale e bisogna cercarlo……..

vì)    ……….AD ALTRO …………..
Visto che “chi cerca trova” e che “aiutati che il ciel ti aiuta”, perché limitarsi al dentista?
Beh se ci dice bene qualcosa di simile a quanto concluso con lo studio dentistico di Ajuck si potrà estendere alle attrezzature di un ambulatorio oculistico, un ambulatorio cardiologico, un ambulatorio dermatologico, un ambulatorio pediatrico. Niente di definito per ora ma ci proviamo. Dovesse essere (e perché no?) serviranno i relativi specialisti: a buon intenditor……….

vi)    ……….FINO ALLA MUTUA
Parte del denaro di cui al punto ìì) rischiava di avanzare – non sarebbe successo – e dunque, o affogavo i bambini nel gelato, o trovavo una alternativa. L’alternativa è stata l’importazione della mutua in Kenya.
Scherzi a parte, mi è successo di entrare in contatto con una giovane dottoressa locale, la dott.ssa Saumu che, grazie ad una delle associazioni contattate, ha messo in piedi, all’interno del villaggio, la “Muyeye Medical Clinic and Laboratory” . Nome impegnativo per una modesta  costruzione di due stanzette con un lettino.Le ho chiesto se accettava di rispondere alle eventuali chiamate di primo intervento da parte dell’orfanotrofio. Rispondeva che lo avrebbe fatto volentieri e per soli 100 scellini (poco più di 90 centesimi di euro!).
Tornato da Agnes le riferivo dell’accordo e le consegnavo la cifra che avevo a disposizione come cassa da cui prelevare di volta in volta l’anorario per la dott.ssa Saumu. La cassa mutua, appunto.
Ovviamente Agnes non aspettava me “co’ sta bella pensata” per cavarsela in caso di necessità con i suoi 35 bambini. Poteva già contare su di un certo dott. Chakaya che è da sempre molto disponibile con i bimbi del Lea Mwana. Mi sono lasciato prendere la mano? forse, o forse no, manca tutto e se per una volta si può abbondare, perché non farlo: la disponibilità di due medici non guasta, e poi la cassa c’è comunque.

A proposito del dott. Chakaya apro una parentesi: si tratta del direttore del presidio medico che lo stato assegna al villaggio di Muyeye. Piccolo ma dignitoso il presidio possiede uno studio dentistico a suo tempo donato da una onlus italiana. Lo avevo trovato prima di incontrare Ajuck ma, purtroppo, non serviva a niente visto che era invecchiato senza operare: mancanza di dentisti ed anche di alcuni pezzi.
Non ne capisco niente ma mi sono fatto fare la lista dei problemi per passarla all’amica dentista di cui ho già detto. Ci spero poco ma un tentativo per ovviare ad un tale spreco va fatto!
Parentesi nella parentesi: questa degli sprechi è una grave piaga in cui è facile imbattersi, la “Legge di Murphy” qui funziona alla grande e, nel mio piccolo, con le costruzioni di paglia l’ho toccato con mano. Purtroppo la generosità non basta. Le cose se non ben gestite sono a forte rischio di spreco. Discorso complicato, poche le conoscenze e scarse le competenze, per cui non mi ci addentro, ma una cosa la posso testimoniare: un progetto piccolo come il nostro riesce ad essere ad alto rendimento e a (quasi)zero sprechi: pochi giorni-uomo per sostenere qualche decina di bambini, senza sprecare un solo euro (banca a parte, ma l’abbiamo sistemata). Tutto è controllabile, compreso il controllore: se si spreca ce se ne rende conto subito e, se si sbaglia, si può rimediare. Certo, siamo una goccia nel mare ma, sai come è, goccia dopo  goccia………

vii)    LA DOGANA
Un problema che molti mi hanno posto è quello del se si può e come inviare materiale all’orfanotrofio. A costi accettabili, debbo aggiungere io. Il guaio è che non ci sono solo i costi per il trasporto vero e proprio, ci sono, soprattutto, i costi doganali. Giusto per dare l’idea: se spedisco vestiario, a fronte di 1 euro per il trasporto ne servono 7 per la dogana più un altro tot, non quantificabile, di fermo doganale che, se non sai chi e come ungere, può durare anche mesi (a 50 euro al giorno).
Scoraggiante, vero? Bisognerebbe capirne qualcosa, anzi: molto., Devi proprio saperti muovere. Qui si palesa chiaramente il rischio di come la generosità da sola, se non ben supportata da organizzazione e competenze, si possa risolvere in uno spreco.
Bene, non capendone niente l’unica, ancora una volta, è quella di cercare i contatti giusti. Di contatto in  contatto ci ha detto bene: la fortuna, o chi per lei, ci ha servito un signore che da  trenta anni si occupa di spedire aiuti umanitari dall’Italia al Kenya e che, ben impressionato dalla storia di Lucy, ci ha messo a disposizione cuore, esperienza e conoscenze presso il ministero competente. Il risultato è che abbiamo:
chi ci supporterebbe nelle pratiche per eventuali spedizioni, tariffe che non saremmo mai riusciti a spuntare,
la possibilità di utilizzare spazio disponibile su container di altri, l’esenzione dai diritti doganali per  materiale inviato al nostro orfanotrofio, la certezza dei tempi di fermo doganale.

vììì)     LA SCUOLA
Ricorderete che da subito il nostro progetto ha posto l’accento sull’importanza dell’istruzione. Per questo tutti i bambini sono stati iscritti e frequentano regolarmente una scuola privata. I risultati li conoscete.
Siamo quasi a fine anno ed è il momento giusto per fare due chiacchiere con il direttore. Non solo per verificare, come qualsiasi “genitore” farebbe, come vanno le cose ma, soprattutto per far luce su uno spiacevole episodio.
Ricordo, prima di descriverlo, che alcuni dei nostri bimbi più anziani (12-13 anni, sia chiaro) ha cominciato solo da questo anno a frequentare veramente una scuola. Chiaro che non ci si può aspettare niente di buono a breve. Bene, è successo che per uno di questi bimbi i risultati sono stati particolarmente scarsi.
Stante la premessa direte “beh, ci sta, niente di grave”, Non così il direttore che, in perfetto stile britannico – qui le scuole private a quello, rigidamente, si rifanno -, dato che non era stato raggiunto il minimo risultato richiesto, aveva rimediato….. allontanando il bambino.
Tutti sapete come reagisce un genitore in Italia quando ritiene che il suo “pupetto” ha subito una ingiustizia da parte di un insegnante. Se ora aggiungete che chi sta sostenendo la parte di quel genitore ha potere di ricatto per via dei numerosi altri “figli” che manda in quella scuola, avrete tutti gli elementi per capire come è poi andata.
C’è un nuovo protocollo, ora, che prevede che se un bambino ha dei problemi, il direttore si attiva preparando una analisi del problema e quindi proponendo ed attuando un opportuno piano di recupero.
Gli è ora chiaro che il “genitore” Lucy Smile si aspetta che a fronte di un problema la scuola si attiva per risolverlo, non per rimuoverlo.

ix)    LA PRIMA PIETRA
come detto il tentativo fallito di cui al punto i) ha lasciato brutti strascichi. Uno di questi è che la persona con cui è finita in litigio continuava a sentirsi in diritto di continuare a fare quello che voleva sul terreno acquistato per il nuovo orfanotrofio (continuare a costruire con la paglia, contro il parere dei responsabili dell’orfanotrofio). Per dissuaderla e farle capire che quel terreno non è casa sua ma proprietà dell’orfanotrofio abbiamo pensato di costruire un primo pezzo di recinzione. Questo come scusa per imbastire una specie di cerimonia di posa della prima pietra (vera, non di paglia), con tanto di notifica che quel pezzo di recinzione significava “proprietà privata” e che per entrarci chiunque avrebbe dovuto chiedere permesso. E’ stato molto divertente. Ed è tutto registrato.

x)    LA SCUOLA PROFESSIONALE
Lo scorso anno ai margini del villaggio mi imbattei in un cantiere con un cartello che indicava la costruzione di una scuola professionale, dono di una onlus italiana che, caso vuole, sponsorizza 2 bambini del nostro orfanotrofio. Ovviamente ho contattato la responsabile di questa onlus.
Sbrigate un paio di piccole faccende per suo conto, annunciato dalla stessa, sono andato a trovare Patrik Kiongo, il direttore della scuola che, nel frattempo è diventata operativa. Al momento, appena aperta, è frequentata da 20 studenti che dormono e mangiano al villaggio. Il costo è di circa 100 euro l’anno. Sono previsti corsi di: fashion design, tannery & leath works, building tecnology (include plumbing), electrical &
electronics, motor vehicle tecnology, information & communication tecnology.
Chi non conosce l’italiano deve frequentare un anno propedeutico per impararlo (non
chiedetevi perché) e, a tal proposito, mr Kongo mi segnala la difficoltà di procurare testi edocenti per insegnare l’italiano a chi non lo conosce. Visto che mia moglie già lo fa con ragazzi cinesi a Piove di Sacco – stessa roba, vero? – prontamente, me la sono rivenduta. Grazie a queste note ora verrà a saperlo.
Butto là anche l’idea di mettere in piedi, se possibile, seminari tenuti da esperti in materie attinenti ai corsi. L’idea è molto piaciuta, tanto che mi sono già pervenuti due manuali che intendono adottare: così mi faccio una idea. Chiaro che siete tutti chiamati a pensare a qualche esperto disposto a passare una vacanza intelligente. Credo sia inutile spendere delle parole per sottolineare l’importanza di collaborare con una tale istituzione, ad un tiro di schioppo dal nostro orfanotrofio.

xì)    IL COSTRUTTORE
Utile quel contatto, vero? Di più utilissimo: mi annuncia anche ad un signore che vive a Malindi e che, per varie associazioni umanitarie ha seguito, nel tempo, la costruzione di 30 scuole, sempre con la stessa impresa. L’ultima scuola è stata completata (in muratura, dalle fondamenta al tetto, compresi gli impianti e gli infissi) alla cifra di circa 120 euro al metro quadro. Lo ridico: 120 euro al metro quadro! Due rapidi conti e, accipicchia, è confrontabile con quanto speso per il malriuscito esperimento di cui al punto ì). Non c’è competizione: combino subito un incontro con Cristopher, il direttore dell’orfanotrofio. Al momento l’impresa di cui ho detto sta visionando il nostro progetto.

xìì)    CHI TI METTE IN GUARDIA
ero con uno dei miei contatti a prendere un kenyan caffè (buonissimo, l’ho sempre preferito al solito espresso. Solo a tre giorni dalla partenza ho visto finalmente come si prepara: si prende un espresso e lo si allunga con acqua calda, zucchero q. b. Il segreto deve stare nel non sapere come si prepara), si avvicina una anziana signora italiana e lui subito me la presenta. Si tratta di L.A. una anziana signora che da anni si dedica ad assistere gli orfani della zona. Saputo cosa ci sto a fare a Malindi si complimenta ma, appena scopre che ho già il mio di orfanotrofio da  seguire, cambia atteggiamento e mi liquida senza nemmeno salutarmi. Per non imbarazzare la persona con cui mi trovavo lascio correre, ma più tardi non mi trattengo dal dirgli cosa penso di questo comportamento.
Il giorno dopo l’amico mi chiama dicendomi di avermi combinato un incontro con quella signora: c’era rimasto male e ci teneva ad un chiarimento. Ovviamente, accettavo.
L’incontro si svolgeva nell’orfanotrofio (uno dei tre, in realtà) fondato e gestito dalla signora: se qualcuno avesse potuto leggermi nel pensiero avrebbe letto: INVIDIA. Comunque, per una buona ora abbiamo giocato di fioretto, lei a dirmi cose tipo “non hai pensato che……….”, “ma cosa credi che……” ed io a controbattere punto per punto. E mi infervoravo, oh se mi infervoravo.
Sia chiaro: lei era la professionista che tanto aveva fatto, io ero ancora il dilettante con “tanta voglia di fare”; era giusto che stessi al gioco, avevo solo da imparare. E’ finita che mi ha salutato con queste parole: “fai bene a fare quello che fai, continua così”. Ci aveva promosso, capite?
L’amico che me la aveva presentata e che quella sera stessa l’ha ricontatta, mi ha poi spiegato così quel cambio di atteggiamento: “si è rivista come era 20 anni fa, quando ha cominciato”.
Sì, abbiamo superato un severo esame: dobbiamo continuare.

xiii)    E CHI DEVE CHIARIRE
l’ultimo punto non apre nuove prospettive ma ho voluto riportarlo perché dà un certificazione di credibilità al nostro progetto, ci dà fiducia in ciò che facciamo: se ci crede una persona che trasuda esperienza e che parte dichiarandosi scettica, quasi ostile, dobbiamo crederci anche noi.
Ci dice: si può fare, anzi, si deve fare.
Ma ne ho parlato anche per un altro motivo: nella parte iniziale del colloquio la signora L.A. avanzava delle critiche alla gestione del nostro orfanotrofio indicando aspetti che, a suo giudizio, non erano corretti. Niente di preciso, dei si dice che, però, meritavano attenzione, soprattutto perché andavano ad aggiungersi a critiche, queste sì pesanti ancorché, scoprirò, immotivate, avanzate dalla persona di cui al punto ì), con cui è finita in lite.
Ora, io ero lì a rappresentare persone che si sono tassate per “fare qualcosa” per il bene di 35 bambini, era giusto e doveroso, nei confronti delle une e degli altri, affrontare tutti gli argomenti, alcuni, potenzialmente, anche offensivi. Dovendolo fare l’ho fatto, perché ogni dubbio andasse sciolto, se possibile.
Così è stato. Non mi dilungo, voglio solo riferire che, nonostante gli argomenti spinosi, il confronto si è svolto senza problemi. Cristopher, il direttore dell’orfanotrofio, capito lo spirito della cosa, ha risposto punto per punto, immediatamente e senza tentennamenti; mai tirandosi indietro, mai divagando, ha sempre voluto spiegare tutto fino in fondo, documentando, là dove poteva, quanto asseriva.

Per me la cosa è chiusa così. Trovo comunque giusto riferire tutto: qui la fiducia e la trasparenza
sono fondamentali. Non entro nei dettagli (ma, per chi vuole, sono a disposizione) perché non ne vale veramente la pena. Faccio eccezione per un punto: le adozioni multiple.
Mi spiego partendo da due punti:
L’orfanotrofio ha bisogno di altri sponsor oltre a quelli del nostro progetto: quello che riusciamo a dare non può coprire tutte le necessità di tutti i bambini.
Uno sponsor si sente molto più motivato se può associare il suo contributo ad un viso, ad un
nome; fate la prova su voi stessi.
Ora, la singola sponsorizzazione copre i bisogni fondamentali del singolo bambino, vitto, alloggio
e retta scolastica. Ma se il bambino si ammala? Ma se un certo sponsor si ritira? Ma
se…..Eccetera.
Chiaro dove vado a parare. Per sponsorizzazione multipla intendo la possibilità che un nuovo sponsor voglia devolvere il suo contributo non, genericamente, all’orfanotrofio, ma in nome di un certo bambino, magari già sponsorizzato, per esempio, da uno di noi. Io, vivendo la situazione sul campo, toccando di persona i problemi non ci vedo niente di male e mi sento, anzi, di spingere in questa direzione. E l’ho fatto. Avendolo fatto, però, praticamente in nome di tutti, è giusto che tutti lo sappiate e, se volete, vi esprimiate in merito.
Sembra fatto apposta ma per uno dei bambini non sponsorizzato dal nostro progetto, lo sponsor che aveva, quest’anno non si è fatto vivo. Chiaro che ho detto che da adesso ci pensiamo noi. Anche se non so come. Per ora.

Un’ ultima considerazione: dubbi e problemi non mancheranno mai, questo deve essere chiaro, controllare che tutto vada perfettamente da 7000 Km è impossibile. Si tratta di scegliere, questo mi era chiaro sin dallo scorso anno quando decisi di impegnarmi in questa bella avventura, tra fare, con tutti i dubbi che si possono legittimamente avere, e non fare. Si tratta di fidarsi, di rischiare un minimo e, ove possibile, controllare che tutto vada come deve andare. Sì o no? Come scegliere? Semplice: guardando i bambini; cos’altro?. Riferisco: i bambini stanno bene, mangiano regolarmente e decentemente, vanno regolarmente a scuola e, soprattutto,
ridono. Da lì si era partiti, ricordiamolo, per questo bisogna andare avanti.

Bene, questo è, grosso modo, quello che è successo e a cui bisognerebbe dar seguito. Per ora si sono solo posti i presupposti; per andare dove è chiaro. Sul come vedo due possibilità:
Impegnandoci, ciascuno, a trovare persone ed idee per raccogliere i fondi o i beni necessari per tirare su il nuovo orfanotrofio e per sponsorizzare gli altri bambini che potremo prendere. Serve un passaparola per convincere altri ad aderire al progetto, facendolo espandere quasi fosse un virus. Pensate: ognuno di noi trova uno sponsor, che a sua volta……………..
Cercando alleati in altre onlus con le spalle più grosse delle nostre, onlus già impegnate a costruire strutture.

Bene, dovrebbe essere tutto davvero

Alla prossima
Paolo

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